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Cari soci, approfittiamo di questo periodo di (relativa) calma per tenervi informati su quanto accade in AssoCounseling e nel mondo del counseling. Leggete con attenzione il contenuto di questa news, poiché contiene informazioni importanti per ognuno di voi e per la professione.
Norma UNI per i counselor
Nei giorni scorsi alcuni di voi avranno ricevuto una email da parte del gruppo PREPOS (Prevenire è possibile) che invitava ad un convegno. Ecco il testo:
Cari amici counselor, voglio invitarvi alla mia conferenza su 'Il Counseling economico: la malattia del consumo' che si terrà ad arezzo il 6 ottobre pv e che intende offrire strumenti di orientamento economico ai clienti in tempi di difficoltà. La conferenza conclude il Convegno della Associazione Counselor Professionisti che ha per oggetto l'applicazione della Norma UNI per conselor prescritta dalla Legge 1934 per il riconoscimento delle professioni non regolamentate.
Come già ampiamente spiegato prima dell'estate (cfr. questa news, in particolare il commento all'articolo 6), siamo molto preoccupati per le manovre che alcuni gruppi stanno mettendo in atto con la finalità i promuovere la norma tecnica UNI (norma che, ricordiamo, ancora non esiste). Norma sulla quale, sia noi sia il CoLAP sia altre associazioni di counseling, siamo molto dubbiosi per tante ragioni.
In questa occasione vogliamo farvi notare che l'email in questione parla di 'norma UNI per counselor prescritta dalla Legge 1934'.
Primo: non esiste alcuna Legge 1934, che è in realtà una proposta di Legge, quella passata alla Camera lo scorso aprile ed attualmente in discussione al Senato (immaginiamo sia ben comprensibile a tutti la differenza tra una 'legge' e una 'proposta di legge').
Secondo: quand'anche la proposta diventasse Legge, il testo così come lo conosciamo di certo non prescrive (in termini giuridici 'prescrivere' significa 'ordinare qualcosa') la norma UNI, poiché lascia al professionista la libertà di scelta di non farsi certificare da nessuno, di farsi certificare da un'associazione, di aderire alla norma UNI, etc.
Quella libertà di scelta che - inviando informazioni con l'utilizzo di termini inesatti che portano il lettore a ritenere che la norma UNI sia un obbligo di legge - forse viene limitata. Molti di voi infatti ci hanno scritto e telefonato proprio perché non capivano di quale Legge si trattasse, e da dove venisse questo obbligo.
Molti ci hanno inoltre chiesto perché ricevono email dal gruppo PREPOS. Immaginiamo sia perché gli indirizzi vengano reperiti attraverso i siti web o attraverso altri canali. Stiamo parlando di un gruppo articolato e diversificato sul territorio: è PREPOS quando si occupa di formare i counselor, è ASSOCIAZIONE COUNSELOR PROFESSIONISTI quando si occupa di accreditare i counselor, è IAC AGENZIA ITALIANA CERTIFICAZIONE COUNSELOR quando si occupa di certificare i counselor, è NBCC Italia quando si occupa di certificazioni statunitensi. Sono sempre le stesse persone, come peraltro riportato sui loro siti web.
Non appena il Disegno di Legge passerà anche in Senato e diventerà Legge (come tutti auspichiamo) spiegheremo dettagliatamente perché, secondo noi, aderire alla certificazione UNI così come è impostata ora è una cosa del tutto inutile. Dopodiché ogni socio sarà libero di aderire o meno. L'importante è che abbia chiaro che non stiamo parlando di una 'prescrizione di Legge'.
DDL 3270 Disposizioni sulle professioni associative (non organizzate in ordini o collegi)
Il DDL sta proseguendo il suo iter al Senato, nelle Commissioni antistanti l'aula. Ci sono ottime probabilità che il testo definitivo arrivi in Aula per l'approvazione entro la fine dell'anno. Siamo confortati in questo sia dai pareri di alcuni parlamentari con cui siamo in contatto sia dal CoLAP che segue questa vicenda da oltre 10 anni. Ricordiamo a tutti che, poco prima della pausa estiva, abbiamo analiticamente commentato il testo della proposta di legge. Trovate tutto a questo indirizzo.
Vertenza OPL articolo 21
Come di certo saprete il gruppo di ricorrenti ha deciso di accettare l'esito del processo di appello e di non ricorrere in Cassazione. Si è scritto e detto molto rispetto a questa sentenza, al suo valore, ai ricorrenti, all'articolo 21, etc. Noi abbiamo già ampiamente espresso la nostra posizione a più riprese. Lo abbiamo fatto con news, comunicati, commenti alle due sentenze (primo grado e appello) e, non ultimo, con il dibattito durante l'ultimo convegno nazionale nell'Assemblea dei soci (aprile 2011).
Per comodità vi rimandiamo ad alcuni articoli:
- Note a margine della sentenza del Tribunale di Milano(settembre 2011)
- Sentenza d'appello OPL articolo 21 (giugno 2012)
- Facciamo il punto della situazione (luglio 2012)
In questa occasione vogliamo però spiegare ai soci le ragioni che hanno spinto il Direttivo a non aderire a questa vertenza:
Anzitutto occorre dire che stiamo parlando di una delibera dell'Ordine degli psicologi della Lombardia, delibera che ha inteso 'ribadire la piena applicabilità in sede disciplinare dell'articolo 21' del codice deontologico degli psicologi. Dunque una delibera che non inventa o istituisce niente di nuovo.
Una delibera, sul piano pratico, certamente inutile: si ribadisce ciò che già è da oltre 10 anni ovvero che allo psicologo è fatto divieto l'insegnamento ai non psicologi di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo.
Una delibera, sul piano procedurale, certamente discutibile: approvata da un numero esiguo di consiglieri in virtù dell'astensione di tutti gli altri.
Una delibera, sul piano politico-professionale, certamente chiara: provare a colpire il counseling passando per una strada diversa da quelle battute (inutilmente) fino ad oggi (ad esempio i tentativi di modificare la Legge, le interrogazioni parlamentari, le segnalazioni in Procura, etc.).
Va inoltre rilevato che, qualora AssoCounseling si fosse fatta promotrice del ricorso, sarebbe incappata in una sicura carenza di legittimità. La ragione è evidente: una delibera di un Ordine regionale si applica solo ed esclusivamente agli iscritti a quell'Ordine, e dunque non si capisce l'interesse di un non psicologo iscritto in Lombardia ad impugnare detta delibera.
Sul piano più strettamente politico-professionale, siamo ovviamente d'accordo con l'istanza portata avanti dai ricorrenti, ovvero che l'articolo 21 del codice deontologico è assolutamente lesivo del diritto all'insegnamento (nonché portatore di una visione delle professioni di aiuto dannosa per tutti e comunque lontana da come noi la intendiamo). Ed è per questo che AssoCounseling ha partecipato, nel primo grado, con un ricorso adesivo. Il ricorso ad adiuvandum è infatti stato da noi proposto poiché abbiamo ritenuto che - pur non colpiti direttamente dalla delibera oggetto del ricorso, e dunque pur non dovendo far valere un interesse immediato e diretto - si trattasse di un intervento volto alla tutela di un interesse di mero fatto, oltreché mediato e riflesso rispetto a quello vantato dai due attori (OPL da una parte, ricorrenti dall'altra). E' stato, per così dire, un chiaro segnale politico di quale fosse la posizione di AssoCounseling (unica associazione professionale di categoria di counselor ad aver espresso parere in proposito, giacché tutte le altre hanno taciuto).
Successivamente alla sentenza di primo grado, sentenza che ha visto soccombere i ricorrenti, abbiamo ritenuto opportuno - come Consiglio di Presidenza Nazionale - interpellare l'Assemblea dei soci sul da farsi. La linea dell'Assemblea, espressa nell'ultimo convegno nazionale, è stata chiarissima: l'associazione doveva direzionare le proprie risorse e le proprie energie (ivi compreso quelle economiche) altrove.
Si è ritenuto infatti un po' paradossale che fosse un'associazione di counselor a dover sostenere, anche economicamente, una questione politica (prima ancora che giuridica) tutta interna alla categoria degli psicologi.
Dobbiamo infine rilevare, anche a seguito di confronti con il nostro ufficio legale, che non ci ha convinto molto la linea seguita. Tanto per essere chiari (visto che ultimamente ci sentiamo molto tirati per la giacchetta da più parti su questo argomento): si può anche concordare una meta comune, ma non è detto (anche se in alcuni casi è auspicabile) che si debba concordare la strada scelta da altri per raggiungere tale meta. E questo evidentemente rientra nella libertà e nell'autonomia dell'associazione e dei soci ancor prima.
Il nodo centrale di questa vicenda è infatti l'articolo 21 del codice deontologico: è su quello che occorrerebbe agire direttamente. Non su una delibera che non fa niente di più e niente di meno che prendere atto che esiste quell'articolo.
Molti psicologi paventano che ora, in Lombardia, cominceranno a fioccare denunce verso quegli psicologi che insegnano nelle scuole di counseling. Parimenti paventano che la formazione in counseling subirà un peggioramento qualitativo a causa del fuggi fuggi di molti psicologi dalle scuole di counseling.
Nessuna delle due cose corrisponde al vero:
a) L'articolo 21 esiste a prescindere dalla delibera, dunque se OPL avesse voluto aprire procedimenti disciplinari, lo avrebbe potuto fare tranquillamente. Non si capisce perché dovrebbe cominciare ora... E peraltro quei pochi Ordini che in Italia ci hanno provato sono regolarmente rimbalzati (si registra, dal 1998 ad oggi, una sola sospensione inflitta ad uno psicologo per ragioni disciplinari legate all'articolo 21). Come si può dimostrare di insegnare tecniche psicologiche ai non psicologi se, da nessuna parte, si dice cosa e quali sono le tecniche psicologiche? Eccezion fatta per la somministrazione dei reattivi psicodiagnostici (i test, unico punto fermo).
b) Gli psicologi non spariranno dalle scuole di counseling. Si tratta semplicemente di non cadere nella trappola predisposta dall'Ordine, ovvero la strategia del terrore. Gli psicologi potranno continuare ad insegnare tutte le materie generali e propedeutiche. Così come i counselor, già oggi, insegnano quelle specifiche della loro professione. Chi è anche psicoterapeuta continuerà a tenere gruppi formativi e di crescita, poiché nella crescita personale non vi è certo alcun abuso.
Dunque, per l'ennesima - e speriamo ultima - volta, chiediamo a tutti di stare tranquilli: ai counselor perché la vicenda in oggetto non li riguarda (specialmente i nostri soci che sono tutti già formati), agli psicologi perché nulla è cambiato, sul piano pratico, rispetto a prima. Il problema è politico.
Esortiamo invece gli psicologi di buona volontà - che si riconoscono in una psicologia laica, progressista, liberale e multidisciplinare - a costruire un progetto comune che dia vita ad un progetto politico più ampio, che possa in futuro guidare la loro categoria verso un ammodernamento della professione e del ruolo dello psicologo nella società, ruolo che dovrebbe essere centrale e strategico rispetto alle professioni di aiuto.
Ruolo che, oggi - essendo la professione governata da pochi conservatori illiberali ed espressione del peggior corporativismo novecentesco - la professione di psicologo stenta a trovare.
Non avremmo difficoltà ad interfacciarsi con questo nuovo soggetto ed a fornirgli tutto l'appoggio necessario.
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titolo: Vertenza OPL art. 21, norma UNI per il counseling e andamento del DDL 3270
autore/curatore: Consiglio di Presidenza Nazionale
fonte: AssoCounseling
data di pubblicazione: 01/10/2012
tags: ddl 3270, UNI, articolo 21, vertenza OPL, norma tecnica
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