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Nel numero di marzo, a conclusione dell’articolo “Un piccolo virgulto che deve sbocciare”, commentando il risultato quasi miracoloso della approvazione della legge 4/2013 abbiamo scritto che il nostro lavoro, d’ora in avanti, deve essere quello di farle dispiegare tutti i suoi effetti e che questo risultato può essere convenientemente ottenuto solo elaborando uno Statuto del professionista.
Infatti, alla luce della profonda novazione apportata dalla definitiva introduzione del sistema duale nelle professioni (ordini e associazioni), diventa necessario iniettare il concetto di professione associativa nell’intera legislazione italiana e definire un quadro di riferimento unico per le professioni: questo può essere ottenuto solo con una norma di carattere generale, non essendo pensabile andare a modificare tutte le leggi e leggine in materia.
Come lo Statuto dei Lavoratori del 1970, discutibile per quanto si voglia, ha costituito un pilastro fondante della libertà e dignità dei lavoratori ed è ancora oggi la norma principale del diritto del lavoro, così il nuovo Statuto del professionista dovrà costituire il principale riferimento normativo per tutti i professionisti italiani, sia ordinisti che associativi, sia liberi che dipendenti, e trattare dei doveri che il professionista assume verso se stesso, verso la collettività, verso i clienti e dei diritti che allo stesso professionista devono essere riconosciuti dalla collettività, dai clienti, dallo Stato.
Doveri che garantiscano l’utenza della qualità dei professionisti a cui si rivolgono e un’iniezione di sana competitività e diritti che garantiscano la promozione del lavoro professionale, la sua dignità e minimizzi la differenza di genere.
Ad oggi non esiste nulla di organico sul tema. Esiste il codice civile del 1942, libro V°, titolo III “Del lavoro autonomo che al capo I detta le disposizioni generali (articoli 2222 – 2228) e al capo II le disposizioni delle professioni intellettuali (articoli 2229 – 2238), largamente insufficienti a rappresentare l’attuale modalità di esercizio di una qualsiasi professione e, in buona parte, superate dalle sentenze che via via la Corte ha emesso in materia.
Esistono le leggi istitutive degli ordini professionali, anch’esse datate (la prima risale a 100 anni fa). Esistono le norme sulla previdenza sia per gli iscritti agli ordini (casse specifiche per ogni ordine) e per i non iscritti (gestione separata dell’INPS). Esistono poi una miriade di norme inserite in leggi varie che prevedono, ovviamente, solo le professioni ordiniste.
Quelle ancora utili dovranno essere estese ai professionisti associativi.
E allora nella prospettiva di elaborare questo Statuto del Professionista proviamo ad immaginare quali doveri e quali diritti dovrà prevedere. Cominciando da alcuni di questi doveri. Dei diritti parleremo in un altro articolo. Il primo è la formazione permanente che rappresenta al contempo un obbligo ma anche una opportunità per il professionista. E’ fondamentale che la formazione permanente diventi parte integrante ed deontologicamente obbligatoria del percorso di crescita professionale di ogni professionista.
L’innovazione ed il cambiamento impongono sempre nuove sfide che soltanto le competenze e la loro valorizzazione in tutta la vita lavorativa possono affrontare.
La legge sul sistema nazionale di certificazione delle competenze ha già fatto un passo in avanti in questo senso riconoscendo nei fatti l’importanza dell’apprendimento formale, non formale ed informale. è un sistema che ha l’ambizione di consentire al maggior numero di persone, in particolare ai giovani in cerca di prima occupazione, di far emergere e far crescere il capitale umano rappresentato dalle competenze, finora scarsamente valorizzate, acquisite in tutti i contesti: sul lavoro, nella vita quotidiana e nel tempo libero. Su questo tema vi è ormai accordo generalizzato.
Rappresenta un grande successo delle nostre idee che, nel breve, porterà a rivoluzionare positivamente anche tutte le professioni ordinistiche. Basti vedere quello che stanno facendo gli avvocati con le specializzazioni: hanno (re)inventato le associazioni professionali, pur chiamandole con altro nome!
Altro dovere è il rispetto del codice di condotta del professionista che dovrà attenersi a norme deontologiche chiare per l’espletamento della professione specifica, con sanzioni disciplinari graduate a seconda del tipo di infrazione. Il codice deontologico dovrà scandire le responsabilità del professionista nei confronti dell’utente, senza mai però limitare la sua piena libertà nell’organizzazione del suo lavoro, in questo innovando rispetto ai codici dei professionisti ordinisti che in massima parte concentrano le loro norme in difesa della corporazione cui si riferiscono.
Ancora un dovere sarà il dotarsi di una efficace copertura assicurativa a garanzia dell’utenza per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale risultando al contempo tutelati a fronte di richieste di risarcimento per errori, omissioni, negligenza professionale, e responsabilità contrattuale.
Questi sono soltanto alcuni dei doveri che lo Statuto del Professionista dovrà prevedere al suo interno e la sua ambizione dovrà essere quella di diventare la spina dorsale dell’universo delle professioni intellettuali che non può più esser considerato come qualcosa di frammentato, ma un unicum sinergico, più rilevante in termini quantitativi e di benessere collettivo del lavoro così come tradizionalmente inteso e garantito (vedi Statuto dei Lavoratori).
E questo per far si che, in un sistema economico e sociale che ogni giorno si innova e si rinnova, l’obiettivo resti quello di garantire al meglio l’utenza e l’esercizio della professione.
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titolo: Lo statuto del professionista
autore/curatore: Giuseppe Lupoi
argomento: Politica professionale
fonte: Il Giornale delle Partite IVA, Anno 5, Numero 29, Maggio 2013, p. 18
data di pubblicazione: 18/05/2013
keywords: professioni, professionista, statuto, associazioni professionali, legge 4/2013
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