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È la prima «normativa quadro» sulle professioni. Accontenta (quasi) tutti. Non abolisce gli Ordini né l' esame di Stato; e non prevede, come temuto da alcuni professionisti, le società di capitale, cioè l' ingresso di soci esterni negli studi professionali. Obbliga invece gli stessi studi a pagare i praticanti «equamente» (come già suggerito dall' Antitrust); consente ai giovani di fare tirocinio durante l' università, per accelerare l'ingresso nel lavoro; obbliga i professionisti alla polizza di responsabilità civile: se il commercialista, per esempio, presenta in ritardo la dichiarazione dei redditi, il cliente multato può farsi rimborsare dall' assicurazione; «separa le carriere» fra gli eletti degli Ordini e chi commina le sanzioni disciplinari; e ribadisce, soprattutto, norme chiave dei decreti Bersani, come la pubblicità comparativa e l' abolizione delle tariffe minime, che la riforma dell' ordinamento forense, già passata al Senato, stava per abolire.
Sono queste le novità del decreto anticrisi sugli Ordini professionali, articolo 3: «Abrogazione delle indebite restrizioni all' accesso e all' esercizio delle professioni e delle attività economiche». «Si poteva fare di più, avevamo chiesto che negli Ordini entrassero rappresentanti dei consumatori, ma è già un buon risultato, speriamo che il Parlamento lo modifichi in meglio», commenta con il Corriere della Sera Antonio Catricalà, presidente dell' Antitrust, che denunciò la mancata apertura al mercato degli Ordini già nel 2008 e in giugno ha lanciato l'allarme sulle «liberalizzazioni ferme nell' agenda del governo».
Il decreto è soddisfacente per gli stessi professionisti (tranne gli avvocati), che temevano l' abolizione di Ordini ed esame di Stato. Del resto, è in linea con la proposta di riforma presentata l' anno scorso dal Cup, il Consiglio unitario dei professionisti, all' allora guardasigilli, Angelino Alfano. Se il decreto sarà approvato dal Parlamento, le riforme vanno attuate entro un anno.
Sette i punti.
1) L' accesso alla professione è libero: niente numero chiuso, tranne per «ragioni di interesse pubblico» (forse i notai); 2) il professionista è obbligato alla formazione continua, oppure è sanzionato; 3) il praticante va pagato «in base al suo concreto apporto» e potrà fare tirocinio anche durante il corso di laurea; 4) la parcella al professionista si pattua per iscritto e le tariffe minime sono solo di riferimento: possono scendere; 5) il professionista deve assicurarsi contro i rischi del mestiere; 6) nascono i «collegi giudicanti» territoriali, separati dagli Ordini; 7) è ammessa la pubblicità comparativa, purché non ingannevole.
«Non vengono ripristinati i minimi tariffari, ma una manovra da 45 miliardi che impone sacrifici agli italiani non poteva non chiedere sacrifici anche a noi - commenta Marina Calderone, presidente del Cup -. Abbiamo chiesto di non destrutturare il sistema e siamo stati ascoltati». «È un equilibrato compromesso, le liberalizzazioni che potevano essere richieste alle professioni ci sono tutte», dice Claudio Siciliotti, presidente dei commercialisti. E Leopoldo Freyrie, a capo degli architetti, solleva critiche su costi e «mancanza di provvedimenti d' investimento», ma alla fine dà voto 6
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titolo: Professionisti, stipendio ai praticanti
autore/curatore: Alessandra Puato
fonte: Corriere della Sera
data di pubblicazione: 14/08/2011
tags: riforma, professioni, praticantato, tirocinio, bersani, liberalizzazioni
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