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Counseling Day 2023


 
Nuovi orizzonti professionali alla luce della Legge 4/2013Abbiamo assistito, negli ultimi quindici anni, ad una profonda spaccatura del mondo delle professioni intellettuali in Italia: da una parte la metà organizzata in ordini e collegi professionali – le così dette professioni regolamentate – e dall’altra tutti quei professionisti che non godevano di uno status pubblico: i professionisti non regolamentati o, come spesso si è detto, i professionisti organizzati in associazioni professionali.

I primi a difendere la propria esclusività nel ruolo di “pubblica tutela”, gli altri a tentare di rompere i vecchi schemi proponendo un sistema duale di accesso alle professioni. Corporazione da una parte, competizione dall’altra. Stato da una parte, mercato dall’altra.

Sono passati quasi quindici anni da quando il Parlamento fu investito dalla prima proposta organica di riforma delle professioni intellettuali: il primo disegno di legge Flick/Mirone (primo Governo Prodi). Si sono poi susseguiti, nell’ordine: il disegno di legge Fassino (Governo Amato) e il disegno di legge Mastella (secondo Governo Prodi), senza contare le innumerevoli proposte di legge sull’argomento.

C’è voluto l’intervento di un Governo tecnico – e di alcune alchimie politiche e fortunate congiunture – per arrivare il 19 novembre 2012 all’approvazione della Legge 4/2013 “Disposizioni in materia di professioni non organizzate”.

È stato un percorso duro, periglioso e pieno di ostacoli: gli Ordini professionali, fino all’ultimo, hanno tentato di boicottare l’approvazione del testo.

Ma il processo innescato non era ormai più arrestabile: questa legge getta infatti le basi per un sistema professionale moderno e competitivo, un sistema che sarà in grado di produrre ricchezza e occupazione, un sistema che dà dignità e status agli oltre 3 milioni di uomini e donne professionisti che hanno atteso per anni di veder tutelato il proprio lavoro.

I dati emersi da più indagini (CNEL, ISTAT, CENSIS, CoLAP) confermano infatti il ruolo determinante dei così detti professionisti non regolamentati nella crescita e nello sviluppo del paese: questi professionisti producono il 4% del PIL e rappresentano il 14% della forza lavoro del paese. Essi rappresentano senza ombra di dubbio un’opportunità unica per rilanciare l’occupazione in Italia, in particolare per i giovani, le donne e gli over 50.

La Legge 4 infatti recepisce una delle tante richieste che insistentemente e da molti anni l’Europa fa all’Italia, ovvero quella di favorire un mercato (non solo interno) delle professioni libero e competitivo, ritenendo che questi siano i presupposti per garantire all’utenza prestazioni di qualità.

Futuro è la parola chiave di questo nuovo e variegato universo professionale, il quale giornalmente si confronta con un mercato in assenza di qualunque tipo di tutela, a differenza dei così detti professionisti ordinati che, protetti da leggi anacronistiche e corporative, continuano a dettare le regole al mercato impedendone l’evoluzione.

Ma è importante tenere bene a mente che la Legge 4 non è il punto di arrivo, bensì il punto di partenza.

I suoi effetti vanno ben al di là di quanto contenuto nei suoi scarni articoli, e sarà cura ed interesse di tutti noi professionisti spiegarli bene all’intero sistema-paese.

La prima tappa della strada che dovremo percorrere dovrà essere quella di iniettare il concetto di professione associativa nell’intera legislazione italiana. Non ci dovremo limitare ad introdurre piccole innovazioni, ma a fissare le nuove linee guida su cui si dovrà basare l’attività dei futuri professionisti.

Per fare questo è però necessario comprendere a fondo il significato di questa legge che, ancora oggi a quasi un anno di distanza dalla sua approvazione, continua ad essere sovente male interpretata.

Il testo si compone di undici articoli.

L’articolo 1 (Oggetto e definizioni) definisce l’ambito di applicazione della norma che, nel nostro caso, è riferito a tutte le professioni che non sono organizzate in Ordini o Collegi professionali.

1. La presente legge, in attuazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione e nel rispetto dei principi dell’Unione europea in materia di concorrenza e di libertà di circolazione, disciplina le professioni non organizzate in ordini o collegi.
2. Ai fini della presente legge, per «professione non organizzata in ordini o collegi», di seguito denominata «professione», si intende l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative.
3. Chiunque svolga una delle professioni di cui al comma 2 contraddistingue la propria attività, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l’espresso riferimento, quanto alla disciplina applicabile, agli estremi della presente legge. L’inadempimento rientra tra le pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori, di cui al titolo III della parte II del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, ed è sanzionato ai sensi del medesimo codice.
4. L’esercizio della professione è libero e fondato sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei principi di buona fede, dell’affidamento del pubblico e della clientela, della correttezza, dell’ampliamento e della specializzazione dell’offerta dei servizi, della responsabilità del professionista.
5. La professione è esercitata in forma individuale, in forma associata, societaria, cooperativa o nella forma del lavoro dipendente.


Un punto molto interessante di questo articolo – che ha visto un aspro dibattito sia nelle Commissioni sia in Aula – è che finalmente le professioni non organizzate vengono definite come attività economiche esercitate mediante il lavoro intellettuale. Dunque professioni intellettuali a tutti gli effetti, spezzando (e spazzando via) di fatto il monopolio che fino ad oggi attribuiva la patente di professione intellettuale alle sole professioni regolamentate.

Altro punto interessante è che la norma prevede la possibilità che queste professioni siano esercitate nella forma di lavoro dipendente. Certo, considerando che ancora non esistono contratti collettivi nazionali di riferimento (CCNL), la strada è ancora lunga, ma da un punto di vista legislativo nulla osta a che un domani le nuove figure professionali, come il counselor, ad esempio, possano aspirare ad essere assunta da un ente pubblico o privato.

Troviamo inoltre, in questo primo articolo, l’unico obbligo posto dalla norma: tutti i professionisti che esercitano una professione non organizzata, sono obbligati, in ogni documento scritto, a far riferimento alla norma medesima.

L’articolo 2 (Associazioni professionali) introduce per la prima volta nel nostro ordinamento il riferimento alle associazioni professionali: associazioni di natura privatistica, senza vincolo di rappresentanza esclusiva per la professione e su base volontaria.

1. Coloro che esercitano la professione di cui all’art. 1, comma 2, possono costituire associazioni a carattere professionale di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva, con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza.
2. Gli statuti e le clausole associative delle associazioni professionali garantiscono la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati, l’osservanza dei principi deontologici, nonché una struttura organizzativa e tecnico-scientifica adeguata all’effettivo raggiungimento delle finalità dell’associazione.
3. Le associazioni professionali promuovono, anche attraverso specifiche iniziative, la formazione permanente dei propri iscritti, adottano un codice di condotta ai sensi dell’art. 27-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, vigilano sulla condotta professionale degli associati e stabiliscono le sanzioni disciplinari da irrogare agli associati per le violazioni del medesimo codice.
4. Le associazioni promuovono forme di garanzia a tutela dell’utente, tra cui l’attivazione di uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore, presso il quale i committenti delle prestazioni professionali possano rivolgersi in caso di contenzioso con i singoli professionisti, ai sensi dell’art. 27-ter del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, nonché ottenere informazioni relative all’attività professionale in generale e agli standard qualitativi da esse richiesti agli iscritti.
5. Alle associazioni sono vietati l’adozione e l’uso di denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi.
6. Ai professionisti di cui all’art. 1, comma 2, anche se iscritti alle associazioni di cui al presente articolo, non è consentito l’esercizio delle attività professionali riservate dalla legge a specifiche categorie di soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il possesso dei requisiti previsti dalla legge e l’iscrizione al relativo albo professionale.
7. L’elenco delle associazioni professionali di cui al presente articolo e delle forme aggregative di cui all’art. 3 che dichiarano, con assunzione di responsabilità dei rispettivi rappresentanti legali, di essere in possesso dei requisiti ivi previsti e di rispettare, per quanto applicabili, le prescrizioni di cui agli articoli 5, 6 e 7 è pubblicato dal Ministero dello sviluppo economico nel proprio sito internet, unitamente agli elementi concernenti le notizie comunicate al medesimo Ministero ai sensi dell’art. 4, comma 1, della presente legge.


Ed è questa la vera novità e la vera svolta introdotta dal testo. Da una parte si ribadisce che l’esercizio delle professioni non regolamentate è libero e non vincolato, dall’altra si riconosce che più professionisti possano aggregarsi in forme rappresentative.

Tutta l’area rappresentativa delle associazioni professionali è estremamente soddisfatta della formulazione di questo articolo (e dell’articolo 5, ad esso strettamente collegato), poiché finalmente vengono definiti nero su bianco i requisiti principali che dovrà avere un’associazione per definirsi “associazione professionale di categoria” e poter richiedere di comparire nell’elenco tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico.

Criteri che in maniera più compiuta vengono elencati nell’articolo 5 del testo (Contenuti degli elementi informativi).

Da notare inoltre il riferimento (non sarà l’unico nel testo) al Codice del consumo.

Il successivo articolo 3 (Forme aggregative delle associazioni) dà facoltà alle singole associazioni di riunirsi in forme aggregate come una federazione, ad esempio.

1. Le associazioni professionali di cui all’art. 2, mantenendo la propria autonomia, possono riunirsi in forme aggregative da esse costituite come associazioni di natura privatistica.
2. Le forme aggregative rappresentano le associazioni aderenti e agiscono in piena indipendenza e imparzialità.
3. Le forme aggregative hanno funzioni di promozione e qualificazione delle attività professionali che rappresentano, nonché di divulgazione delle informazioni e delle conoscenze ad esse connesse e di rappresentanza delle istanze comuni nelle sedi politiche e istituzionali. Su mandato delle singole associazioni, esse possono controllare l’operato delle medesime associazioni, ai fini della verifica del rispetto e della congruità degli standard professionali e qualitativi dell’esercizio dell’attività e dei codici di condotta definiti dalle stesse associazioni.


Anche questo è un grande traguardo: viene favorita la politica di aggregazione anziché quella di frammentazione. Associazioni similari, per tutelare e meglio promuovere interessi comuni, nonché per darsi una sorta di autoregolamentazione interna, possono aggregarsi e perseguire macro-obiettivi comuni.

Nel caso del counseling, ad esempio: la battaglia per la detraibilità della prestazioni di counseling, la rivisitazione della gestione separata dell’INPS, l’attribuzione di un codice ATECO specifico per l’attività e, soprattutto, la possibilità di effettuare una corretta divulgazione così da arginare alcuni fenomeni che, per ragioni puramente commerciali, vorrebbero raccontarci certe favole come quella che puoi diventare un professionista con un weekend di formazione.

Nel caso del counseling, ad esempio, AssoCounseling si è fatta promotrice della nascita di Federcounseling, la prima federazione nazionale delle associazioni di counseling nel cui Statuto si fa esplicito riferimento proprio a questo articolo della Legge 4.

L’articolo 4 (Pubblicità delle associazioni professionali) introduce anch’esso alcune novità:

1. Le associazioni professionali di cui all’art. 2 e le forme aggregative delle associazioni di cui all’art. 3 pubblicano nel proprio sito web gli elementi informativi che presentano utilità per il consumatore, secondo criteri di trasparenza, correttezza, veridicità. Nei casi in cui autorizzano i propri associati ad utilizzare il riferimento all’iscrizione all’associazione quale marchio o attestato di qualità e di qualificazione professionale dei propri servizi, anche ai sensi degli articoli 7 e 8 della presente legge, osservano anche le prescrizioni di cui all’art. 81 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.
2. Il rappresentante legale dell’associazione professionale o della forma aggregativa garantisce la correttezza delle informazioni fornite nel sito web.
3. Le singole associazioni professionali possono promuovere la costituzione di comitati di indirizzo e sorveglianza sui criteri di valutazione e rilascio dei sistemi di qualificazione e competenza professionali. Ai suddetti comitati partecipano, previo accordo tra le parti, le associazioni dei lavoratori, degli imprenditori e dei consumatori maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Tutti gli oneri per la costituzione e il funzionamento dei comitati sono posti a carico delle associazioni rappresentate nei comitati stessi.


Anche qui l’attenzione principale è rivolta ai diritti e alla tutela del consumatore: l’associazione è chiamata a promuovere se stessa ed i propri professionisti accreditati attraverso meccanismi di controllo (la cui responsabilità è demandata al rappresentante legale) tesi a verificare la veridicità e la coerenza delle informazioni pubblicizzate.

Ed eccoci arrivati all’articolo 5 (Contenuti degli elementi informativi):

1. Le associazioni professionali assicurano, per le finalità e con le modalità di cui all’art. 4, comma 1, la piena conoscibilità dei seguenti elementi:
a) atto costitutivo e statuto;
b) precisa identificazione delle attività professionali cui l’associazione si riferisce;
c) composizione degli organismi deliberativi e titolari delle cariche sociali;
d) struttura organizzativa dell’associazione;
e) requisiti per la partecipazione all’associazione, con particolare riferimento ai titoli di studio relativi alle attività professionali oggetto dell’associazione, all’obbligo degli appartenenti di procedere all’aggiornamento professionale costante e alla predisposizione di strumenti idonei ad accertare l’effettivo assolvimento di tale obbligo e all’indicazione della quota da versare per il conseguimento degli scopi statutari;
f) assenza di scopo di lucro.
2. Nei casi di cui all’art. 4, comma 1, secondo periodo, l’obbligo di garantire la conoscibilità è esteso ai seguenti elementi:
a) il codice di condotta con la previsione di sanzioni graduate in relazione alle violazioni poste in essere e l’organo preposto all’adozione dei provvedimenti disciplinari dotato della necessaria autonomia;
b) l’elenco degli iscritti, aggiornato annualmente;
c) le sedi dell’associazione sul territorio nazionale, in almeno tre regioni;
d) la presenza di una struttura tecnico-scientifica dedicata alla formazione permanente degli associati, in forma diretta o indiretta;
e) l’eventuale possesso di un sistema certificato di qualità dell’associazione conforme alla norma UNI EN ISO 9001 per il settore di competenza;
f) le garanzie attivate a tutela degli utenti, tra cui la presenza, i recapiti e le modalità di accesso allo sportello di cui all’art. 2, comma 4.


Per le associazioni che non risponderanno ai criteri sopra elencati, si prevede che:

a) non potranno aspirare a comparire nell’elenco del Ministero dello Sviluppo Economico, e dunque beneficiare di pubblica visibilità sotto l’egida di un organismo istituzionale;
b) saranno chiamate a cambiare profondamente il proprio assetto e la modalità di relazionarsi con gli associati e con i consumatori, oltre che con gli altri competitors, e anche questo sarà un bene poiché innalzerà la qualità dei servizi offerti e contribuirà a fare chiarezza.

Questo inoltre consentirà una maggiore trasparenza e garanzia per gli utenti ed una corretta concorrenza tra associazioni.

Il successivo articolo 6 (Autoregolamentazione volontaria) introduce la possibilità per il professionista di auto-regolamentarsi attraverso le così dette norme tecniche UNI:

1. La presente legge promuove l’autoregolamentazione volontaria e la qualificazione dell’attività dei soggetti che esercitano le professioni di cui all’art. 1, anche indipendentemente dall’adesione degli stessi ad una delle associazioni di cui all’art. 2.
2. La qualificazione della prestazione professionale si basa sulla conformità della medesima a norme tecniche UNI ISO, UNI EN ISO, UNI EN e UNI, di seguito denominate «normativa tecnica UNI», di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, e sulla base delle linee guida CEN 14 del 2010.
3. I requisiti, le competenze, le modalità di esercizio dell’attività e le modalità di comunicazione verso l’utente individuate dalla normativa tecnica UNI costituiscono principi e criteri generali che disciplinano l’esercizio autoregolamentato della singola attività professionale e ne assicurano la qualificazione.
4. Il Ministero dello sviluppo economico promuove l’informazione nei confronti dei professionisti e degli utenti riguardo all’avvenuta adozione, da parte dei competenti organismi, di una norma tecnica UNI relativa alle attività professionali di cui all’art. 1.


Comincio subito col dire, onde liberare il campo da equivoci e giocare fin dall’inizio a carte scoperte, che guardo a questo articolo con un certo sospetto ed anche con un po’ di perplessità.

Sono infatti consapevole che l’inserimento di questo articolo nel testo di legge è frutto di una mediazione. Come associazione professionale di categoria non siamo molto favorevoli all’adozione, da parte dei professionisti, dell’autoregolamentazione su base volontaria, almeno per come si sta prospettando in questo momento.

Fin da subito ci siamo resi conto che la norma UNI rischiava di prendere una deriva marcatamente commerciale, ed i nostri timori – purtroppo – si sono rivelati fondati con il passare del tempo: assistiamo infatti alla costituzione di società ad hoc con lo scopo di promuovere la certificazione UNI.

Come associazione cercheremo di interpellare le altre associazioni professionali per valutare il da farsi. Dal nostro punto di vista potrebbe essere utile costituire nel prossimo futuro un organismo di certificazione composto dalle stesse associazioni professionali (così come previsto dal successivo comma 1 dell’articolo 9), così da evitare che qualcuno si approfitti (e profitti) sulla norma tecnica UNI.

Il successivo due articolo 7 (Sistema di attestazione):

1. Al fine di tutelare i consumatori e di garantire la trasparenza del mercato dei servizi professionali, le associazioni professionali possono rilasciare ai propri iscritti, previe le necessarie verifiche, sotto la responsabilità del proprio rappresentante legale, un’attestazione relativa:
a) alla regolare iscrizione del professionista all’associazione;
b) ai requisiti necessari alla partecipazione all’associazione stessa;
c) agli standard qualitativi e di qualificazione professionale che gli iscritti sono tenuti a rispettare nell’esercizio dell’attività professionale ai fini del mantenimento dell’iscrizione all’associazione;
d) alle garanzie fornite dall’associazione all’utente, tra cui l’attivazione dello sportello di cui all’art. 2, comma 4;
e) all’eventuale possesso della polizza assicurativa per la responsabilità professionale stipulata dal professionista;
f) all’eventuale possesso da parte del professionista iscritto di una certificazione, rilasciata da un organismo accreditato, relativa alla conformità alla norma tecnica UNI.
2. Le attestazioni di cui al comma 1 non rappresentano requisito necessario per l’esercizio dell’attività professionale.


e articolo 8 (Validità dell’attestazione), individuano le linee guida relative al così detto “attestato di competenza”:

1. L’attestazione di cui all’art. 7, comma 1, ha validità pari al periodo per il quale il professionista risulta iscritto all’associazione professionale che la rilascia ed è rinnovata ad ogni rinnovo dell’iscrizione stessa per un corrispondente periodo. La scadenza dell’attestazione è specificata nell’attestazione stessa.
2. Il professionista iscritto all’associazione professionale e che ne utilizza l’attestazione ha l’obbligo di informare l’utenza del proprio numero di iscrizione all’associazione.


L’attestato di competenza (nel caso di AssoCounseling è il Certificato di Competenza Professionale in Counseling) è una particolare credenziale che attesta il possesso, da parte del professionista, di specifiche competenze nonché di una precisa assunzione di responsabilità – vigilata dall’associazione – da parte dello stesso nei confronti di alcuni precisi obblighi: l’aggiornamento permanente, la supervisione, il rispetto del codice deontologico, etc.

Inutile dire che come associazione siamo molto soddisfatti anche di questi due articoli, poiché vanno nella direzione di favorire la trasparenza nei confronti dei consumatori.

L’articolo 9 (Certificazione di conformità a norme tecniche UNI) prevede la possibilità per le associazioni e le federazioni di professionisti di partecipare all’elaborazione delle norme UNI e dunque ai tavoli tecnici.

1. Le associazioni professionali di cui all’art. 2 e le forme aggregative di cui all’art. 3 collaborano all’elaborazione della normativa tecnica UNI relativa alle singole attività professionali, attraverso la partecipazione ai lavori degli specifici organi tecnici o inviando all’ente di normazione i propri contributi nella fase dell’inchiesta pubblica, al fine di garantire la massima consensualità, democraticità e trasparenza.
Le medesime associazioni possono promuovere la costituzione di organismi di certificazione della conformità per i settori di competenza, nel rispetto dei requisiti di indipendenza, imparzialità e professionalità previsti per tali organismi dalla normativa vigente e garantiti dall’accreditamento di cui al comma 2.
2. Gli organismi di certificazione accreditati dall’organismo unico nazionale di accreditamento ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, possono rilasciare, su richiesta del singolo professionista anche non iscritto ad alcuna associazione, il certificato di conformità alla norma tecnica UNI definita per la singola professione.


La differenza principale tra l’attestazione di qualificazione professionale rilasciata da un’associazione e una certificazione di conformità alle norme tecniche UNI, consiste nel fatto che la prima è una sorta di video in movimento che percorre tutta la vita lavorativa del professionista, mentre la seconda si riduce ad una mera fotografia statica.

L’associazione professionale di categoria segue il professionista costantemente e costantemente ne verifica le competenze: verifiche in ingresso e verifiche in itinere: iter formativo, rispetto del codice deontologico, assolvimento dell’obbligo di aggiornamento permanente, nel caso del counseling assolvimento dell’obbligo di supervisione, nel caso della nostra associazione obbligo di stipulare un’assicurazione per responsabilità professionale.

L’articolo 10 (Vigilanza e sanzioni):

1. Il Ministero dello sviluppo economico svolge compiti di vigilanza sulla corretta attuazione delle disposizioni della presente legge.
2. La pubblicazione di informazioni non veritiere nel sito web dell'associazione o il rilascio dell'attestazione di cui all’art. 7, comma 1, contenente informazioni non veritiere, sono sanzionabili ai sensi dell'art. 27 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.


e l’articolo 11 (Clausola di neutralità finanziaria):

1. Dall’attuazione degli articoli 2, comma 7, 6, comma 4, e 10 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Il Ministero dello sviluppo economico provvede agli adempimenti ivi previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

definiscono un altro punto interessante: il Ministero competente è quello dello Sviluppo Economico, certamente più neutrale e meno interessato rispetto al Ministero di Giustizia, Ministero che compariva in tutte le altre proposte di legge come organo vigilante e che tutti sappiamo essere ben saldamente legato a poteri forti quali l’Ordine degli Avvocati (da sempre, insieme all’Ordine dei commercialisti, quello più restio alla riforma delle professioni).

La logica sottesa a tutto l’impianto normativo è molto semplice: non è necessario, ai fini della tutela del cliente, istituire nuovi ordini professionali, giacché il Codice civile, quello penale ed il Codice del consumo sono strumenti più che sufficienti a garantire l’utenza.

Un passo in avanti non da poco, che si lascia alle spalle un’impostazione delle professioni (quella ordinistica) anacronistica e ormai incapace di rispondere alle richieste della società.

Riferimenti bibliografici
Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Roma-Bari, Laterza, 2002
Federico Butera et. al., I lavoratori della conoscenza, Milano, Franco Angeli, 1997
Rolando Ciofi, La legge sulle professioni non regolamentate. In «AssoCounseling» (21 dicembre 2012), disponibile alla pagina: http://www.assocounseling.it/approfondimenti/articolo.asp?cod=832
Angelo Deiana, Il capitalismo intellettuale, Milano, Sperling & Kupfer Editori, 2007
Angelo Deiana, Associazioni professionali 2.0, Milano, Gruppo24ore, 2013
Angelo Deiana, Stefano Paneforte, Il futuro delle associazioni professionali, Milano, Gruppo24ore, 2010
Giuseppe Lupoi, Finalmente! Ora lo possiamo dire. In «Il Giornale delle Partite IVA», anno 5, numero 25, p. 18, Milano, GIVA, 2013
Giuseppe Lupoi, Un piccolo virgulto che deve sbocciare. In «Il Giornale delle Partite IVA», anno 5, numero 27, p. 18, Milano, GIVA, 2013
Giuseppe Montanini, L’unità ritrovata. In «Il Giornale delle Partite IVA», anno 5, numero 25, p. 20, Milano, GIVA, 2013
OCSE, Competition in Professional Services. In «Journal of Competition Law and Policy», volume 3, numero 4, pp. 56-57, Parigi, OECD, 2002
Tommaso Valleri, Riforma delle professioni: altro giro, altra corsa. In «Simposio. Rivista di Psicologi e Psicoterapeuti», anno 4, numero 1, p. 7, Firenze, Mo.P.I., 2008
Tommaso Valleri, Una legge per le associazioni professionali. In «AssoCounseling» (15 maggio 2012), disponibile alla pagina: http://www.assocounseling.it/approfondimenti/articolo.asp?cod=721

Riferimenti normativi
Decreto legislativo 26 ottobre 2005 n° 206, Codice del consumo, pubblicato sulla G.U. n° 235 del 8 ottobre 2005 (S.O. n° 162)
Legge 14 gennaio 2013 n° 4, Disposizioni in materia di professioni non organizzate, pubblicata sulla G.U. n° 22 del 26 gennaio 2013

Informazioni sull'autore
Tommaso Valleri è Segretario Generale di AssoCounseling, associazione professionale di categoria e Presidente di Federcounseling, federazione nazionale delle associazioni di counseling.

titolo: Nuovi orizzonti professionali alla luce della Legge 4/2013
autore/curatore: Tommaso Valleri
argomento: Politica professionale
fonte: Profiling. I profili dell'abuso, anno 4, numero 4, dicembre 2013
data di pubblicazione: 19/12/2013
keywords: associazioni professionali di categoria, competitività, ordini professionali, riforma delle professioni intellettuali, L. 4/2013

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