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Non ci sono numeri certo su di loro. Ma sono tanti. Forse anche più di cinque milioni. Descritti spesso attraverso figure stereotipate, i protagonisti del mondo delle professioni compongono un universo eterogeneo difficile da afferrare. Tra loro ci sono giovani avvocati e architetti. Informatici e pubblicitari. Dipendenti, autonomi e praticanti. Agenti di vendita e redattori. Centinaia di figure che cercano di aprirsi una strada. A loro si rivolge l'indagine dell'Ires e del dipartimento economico della Cgil che prende il via in questi giorni, con la collaborazione delle nostra testata, per scoprire davvero esigenze e condizioni di lavoro di chi si misura con la crisi, spesso, senza avere alcun aiuto.
Trasformazioni inafferrabili. I continui mutamenti nel mercato del lavoro e le scosse alla società date dalla crisi economica stanno rimescolando, e mettendo in difficoltà, posizioni e rapporti. 'E' necessario capire questo mondo perché non c'è una conoscenza vera di quello che deve affrontare chi vuole esercitare un lavoro attraverso il portato della propria conoscenza e competenza specialistica'. Così Giovanna Altieri, direttore dell'Ires, tra gli autori dell'indagine e economista attenta da tempo ai temi delle politiche per l'occupazione e dello sviluppo locale legati ai processi di trasformazione del lavoro. 'Quello che è chiaro - aggiunge Altieri - è che queste figure si trovano di fronte a problemi che trascendono le questioni del lavoro autonomo e dipendente così come erano state impostate nel passato'.
La crisi e le richieste d'aiuto. Negli ultimi anni, molti sono stati i segnali di difficoltà. 'In assenza di un'attività di rappresentanza - spiega Davide Imola, che per Cgil si occupa di professioni, ordini e associazioni professionali - questo mondo si è organizzato da solo attorno alla cosa più identitaria che aveva, ovvero il proprio profilo professionale. Noi abbiamo incrociato tante persone che sono venute nei nostri sportelli fiscali a farsi tenere la contabilità perché altrimenti non avrebbero avuto le condizioni sul mercato di potersela pagare. Tante le persone che venivano a fare le pratiche per la previdenza. Ma anche i redattori editoriali che si sono organizzati perché spesso si vedono retribuire pochi euro con la cessione dei diritti d'autore o con la partita Iva e senza alcun diritto. Così come i traduttori, i bibliotecari, gli archeologi e tanti altri'.
Questi due anni di crisi hanno fatto perdere circa 300 mila posti di lavoro tra i collaboratori e circa altrettanti tra i professionisti. C'è per questo, all'interno dell'indagine, tutta una sezione dei questionari incentrata a capire proprio gli effetti sul loro lavoro. 'Questo mondo - dice Altieri - è completamente fuori da qualsiasi meccanismo di tutela e diritti collettivi. C'è da riconsiderare anche questo gruppo di lavoratori dentro il nuovo welfare che dobbiamo pensare per il lavoro del futuro'. Mentre, giustamente, si parla della cassa integrazione in deroga che sta finendo, per questa fetta di persone non c'è mai stato niente. 'Vorremmo conoscere meglio questo mondo - dice Imola - per capire quello che il legislatore deve fare per ridurre l'impatto sulle persone di regole troppo labili. Ma anche capire cosa può fare il sindacato per queste persone'.
Le stime delle dimensioni. Nel 2009, gli iscritti totali a ordini e collegi erano pari a due milioni. A loro si devono aggiungere tutti quei professionisti non regolamentati. Per il Cnel queste categorie professionali sono almeno duecento. Tra loro ci sono geofisici, animatori, statistici, geografi, igenisti industriali, addetti alla sicurezza, operatori finanziari, fisioterapisti, consulenti familiari e grafologi. E molti altri ancora. Censis e Colap stimano che i professionisti non regolamentati siano in tutto circa 3,5-3,7 milioni.
Se il professionista è dipendente. Gli autori dello studio hanno deciso di diversificare le domande per tre grandi categorie. Dipendenti, autonomi e praticanti. Per ciascuna di loro, ci sarà una serie di quesiti in modo da indagarne i punti più importanti. 'La prima categoria è quella dei professionisti dipendenti - spiega Imola - . Pochi sanno che in Italia, il 65-70% per cento dei professionisti lavora come subordinato. Anche chi è iscritto a un ordine è spesso un lavoratore dipendente. Vogliamo capire le necessità di questi lavoratori che spesso, pur essendo dipendenti, non sono sempre, e qui faccio il mea culpa del sindacato, sono stati al centro della contrattazione collettiva.
Tra partita Iva e monocommitenza. Poi ci sono gli autonomi. Oltre tre milioni di partite Iva e professionisti a collaborazione che hanno un legame molto stretto con le imprese. 'Sono professionisti a tutti gli effetti - spiega Imola - ma non sono sul mercato come tutti gli altri. Hanno condizioni di difficoltà avendo un solo committente. Se perdono quello è la fine, non hanno la capacità contrattuale che ha un professionista con 200 clienti.' Nella ricerca verranno indagati i livelli dei redditi, i tempi, le modalità di lavoro e anche quanto tempo devono aspettare prima di essere pagati.
L'impossibile accesso alla professione. Il terzo filone è quello dei praticanti e dei tirocinanti. Ci sono persone che lavorano 2-3 anni come praticantato senza percepire neanche un euro. 'In alcuni grandi studi legali di Roma e Milano - dice Imola - si paga per fare il tirocinio o il praticantato. Spesso il percorso di apprendimento è pari allo zero. Si viene usati per fare le file al tribunale la mattina per prendere gli atti, non si vede un cliente nemmeno in fotografia'. L'indagine cercherà di capire proprio i percorsi professionali e il riconoscimento delle competenze acquisite sul lavoro. 'Vogliamo capire - dice Altieri - come si fa a valorizzare le competenze che vengono accumulate e far sì che questo sia il patrimonio che i lavoratori si portano dietro nel loro percorso professionale e venga loro riconosciuto.'
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titolo: Professioni, i conti con la crisi
autore/curatore: Federico Pace
fonte: La Repubblica
data di pubblicazione: 21/10/2010
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