Lo scorso aprile il Ministro Alfano, incontrando i rappresentanti degli orini,dichiar chelariforinadelleprofessioni doveva avere l'obiettivo di rafforzare la preparazione professionale, la responsabilitàeticael'adeguatezzaorganizzativa del professionista così da assicurare alcittadinoprestazionidliqualltà. L'incontro si concluse con l'invito da parte del guardasigilli alla predisposizione di un documento di riforma condiviso. Alla fine, come dal cappello del prestigiatore, è uscitoundocumenin capolavoro di cechiobottismo, presentato a fine luglio al Ministro dal CUP.
In effetti, il documento prevede l'obbligo della formazione continua per i professionisti; chiede vengano istituite scuole di specializzazione per professionisti con il rilascio di qualifiche; affronta il tema della copertura assicurativa per la responsabilità civile chiedendo che divenga obbligatoria; ipotizza di organizzare l'offerta professionale anche in forma societaria, senza il vincolo della monodisciplinarietà. Da una lettura parziale sembra, cioè, che i vertici degli ordini abbiano finalmente abbandonato la tutela delle posizioni di monopolio dell'iscritto sposando proprio quelle idee che il manifesto del CoLAP fissava ormai due lustri.
Leggendo per intero il documento ci accorgiamo, però, che quei buoni propositi sono solo la foglia di fico con la quale i vertici degli ordini tentano di nascondere il delitto che vorrebbero perpetrare contro i cittadini italiani in generale e i professionisti associativi in particolare. Ma quali sono gli obiettivi che si celano davvero dietro questo documento?
1. Ghettizzare le associazioni professionali: per raggiungerlo si propone di riservare per legge l'aggettivo intellettuale alle soleprofessioniordinistiche, in quanto chi le esercitahasuperato un esame di Stato (!) ed è iscritto ad un ordine, e nel contempo definire semplici prestazioni d'opera le altre attività professionali. Chiedono venga modificato un intero Titolo del codice civile; se quest'ultima modifica non fosse possibile si contenterebbero, bontà loro, di una modifica del solo art. 2229 del c.c. e al fine di rimarcare la differente disciplina del contratto d'opera intellettuale e, nel suo ambito, della professione intellettuale. Quale sia la grande differenza che urga rimarcare a noi davvero sfugge.
Chiedono poi che venga modificata un'altra legge, quella con la quale è stata recepita la Direttiva europea sulle qualifiche (36/2005). Sostengono che quella legge mina le basi del sistema normativo delle professioni introducendo surrettizie parificazioni prive del presuppostocostituzionale. Peccato che il TAR Lazio, al quale gli ordini si sono rivolti per vedere riconosciuta la loro tesi, abbia respinto tutte le loro argomentazioni con sentenza ormai definitiva.
2. Prevedere che tirocinio, formazione continua, specializzazioni siano rigorosamente condotte dagli ordini professionali. Non fa nulla se così viene annullata la libertà di impresa in tutto il settore della formazione che verrebbe data in monopolio agli ordini.
3. Regolare le società tra professionisti. Il documento prevede infatti la costituzione di società tra soli iscritti agliAlbi professionali avventurandosi ad ammettere anche società tra appartenenti a più professioni e prevedendo vantaggi economici per i soci. Chiede però che siano riviste le norme sulle Società di ingegneria per le quali 'occorrerà prevedere il ruolo obbligatoria mente residuale, sia dei soci detentori di capitale non professionale, che che del capitale stesso'.
4. Nel documento emerge la volontà di far sì che le tariffe tornino ad essere sostanzialmente obbligatorie, mentre gli ordini chiedono di vedersi riconoscere il diritto di emanare leggi senza più sottostare al controllo (blando) del Ministero di giustizia o a quello dell'Antitrust.
5.Aumentare le rendite di posizione degli ordini, il documento prevede che agli albi devono iscriversi anche i professionisti pubblici dipendenti che non hanno mai avuto questo obbligo.
Concludendo: come possono gli Ordini professionali non accorgersi che in questo modo vanno ad innestare un conflitto di interessi, ingigantito dalla conferma di ente monopolista? Come fanno a non capire che le nuove funzioni ipotizzate presentano inevitabilmente aspetti commerciali che verrebbero loro affidati senza alcuna possibilità di verifica del mercato? Come non percepiscono che le loro richieste vanno a danno dei cittadini e delle imprese che devono acquisire servizi professionali, dei professionisti che vogliono muoversi in ambiti più innovativi e del Paese che deve trarre giovamento dal miglioramento di serviziprofessionali?
Abbiamo detto che il documento presentato si propone di mettere in atto un delirio contro i cittadini italiani. Il nostro augurio è che anche il legislatore se ne accorga.
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