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Counseling Day 2023


 
Lucca, Tribunale penale, giovedì 18 marzo 2010. La tensione in aula è altissima, stiamo aspettando che il Giudice pronunci la sentenza. Entra il Giudice, e dopo le frasi di rito arriviamo alla lettura del dispositivo: assolti perché il fatto non sussiste. La tensione si scarica all'istante: c'è chi piange, chi si abbraccia, chi sorride, chi si affretta ad uscire per accendersi una sigaretta. Alla fine anche il Pubblico Ministero stringe la mano ai due imputati (ormai non più tali).

Vale però la pena fare un passo indietro.

Siamo nel 2007 e l'Ordine degli psicologi della Toscana effettua un esposto (l'ennesimo) alla Procura della Repubblica segnalando il presunto abuso compiuto da due counselor di Lucca che, a detta dell'Ordine, starebbero esercitando senza averne i titoli la professione di psicologo. Siamo il 25 settembre 2007.

Partono le indagini, la Procura affida alla polizia giudiziaria le verifiche del caso. Il centro dove operano i due counselor viene posto sotto sequestro, intervengono infatti i NAS che appongono i sigilli. Un'attività ben avviata (centianaia di clienti che usufruiscono delle prestazioni dei due counselor) che viene bloccata dall'oggi al domani.

I due counselor non si capacitano: hanno sempre lavorato correttamente, hanno sempre emesso regolare ricevuta per le prestazioni effettuate, ogni cliente doveva rilasciare il proprio consenso informato rispetto alla prestazione. Nella sala d'attesa del centro era affisso in bella vista un cartello dove si spiegava che nel centro non si effettuavano né cure mediche né cure psicologiche.

Nel frattempo il quotidiano locale Il Tirreno pensa bene di titolare a tutta pagina: Facevano gli psicoterapeuti senza laurea. E, se non bastasse, il non meglio precisato giornalista chiosa: Sedute individuali e di gruppo fin quando alcuni clienti insoddisfatti si sono rivolti al magistrato. Siamo il 20 febbraio 2008 e ancora non si sono concluse le indagini preliminari.

Accidenti, il potere dell'informazione! La piccola città di Lucca è scossa da questa notizia. I nomi rimbalzano velocemente. Sul giornale viene addirittura pubblicata una fotografia del centro. Naturalmente è tutto falso poiché nessun utente dei due counselor si è lamentato dal magistrato, dal momento che è stato l'Ordine degli psicologi ad effettuare l'esposto. Dunque nessun utente insoddisfatto (anzi, sarà interessante sentire le loro testimonianze in aula dove si dichiareranno invece tutti molto soddisfatti degli interventi di counseling ricevuti!).

Il 27 febbraio 2008 la conclusione delle indagini.

Il 22 aprile del 2008 il rinvio a giudizio per
[…] aver entrambi esercitato abusivamente […] la professione di medico psicologo senza averne l'abilitazione, ed in particolare per aver svolto compiti tipici del medico psicologo chiedendo ai numerosi pazienti (tra i quali omissis) informazioni sul proprio malessere psichico e sui problemi sentimentali e di relazione con parenti e coniugi, svolgendo sedute di analisi, anche di gruppo, mediante il ricorso a tecniche per l'emersione dei problemi […] formulando attività di diagnosi del disagio psichico […] svolgendo attività didattica riservata ed in particolare organizzando corsi di ipnosi […]
Vengo subito avvisato della cosa. Mi leggo il decreto di citazione a giudizio e noto che c'è qualcosa che non va: innanzitutto la locuzione professione di medico psicologo. Forse in Procura non hanno chiara la distinzione tra le due professioni? Oppure si ipotizzano anche reati di abuso di professione medica?

Poi noto quella frase finale: attività didattica riservata e un po' gongolo nella speranza che qualche Giudice, finalmente, sollevi una questione di incostituzionalità dell'articolo 1 della Legge di ordinamento della professione di psicologo (la 56/89) che pretenderebbe, appunto, di riservare per Legge l'insegnamento della psicologia (recita l'articolo 1: attività didattica in tale ambito). Pare proprio in barba alla Costituzione: articolo 33, 1° comma che sancisce che L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.

Non posso anche non notare nel decreto l'utilizzo di un linguaggio che è proprio ad altre discpline e non al counseling, quali i termini analisi o sedute.

L'Ordine degli psicologi si costituisce parte civile attraverso il suo Presidente pro tempore Sandra Vannoni (e chiederà 30.000 euro di danni).

Iniziano le varie udienze e subito si capisce dove vuole andare a parare il Pubblico Ministero (in questo sostenuto dalla Parte Civile): diagnosi e terapia. Purtroppo per noi nessuno insiste sull'attività didattica… peccato.

I due imputati decidono di non essere ascoltati in aula e dunque le prime udienze si svolgono ascoltando i testi dell'accusa. I testi dell'accusa sono talmente bravi che la Difesa rinuncia completamente ad ascoltare i propri testi… con un certo disappunto del PM che, in un'udienza, viene pure redarguito dal Giudice che, in sostanza, gli chiede di non lamentarsi visto che quei testi è stata proprio l'accusa a sceglierli…

Arrivo subito alle ultime due udienze, forse le più interessanti in quanto vengono ascoltati i consulenti di parte della difesa.

Il primo ad essere ascoltato sono io, in qualità di counselor e di dirigente di un'associazione di categoria di counselor (AssoCounseling, appunto) alla quale peraltro i due imputati sono regolarmente iscritti. Mi sottopongo alle domande della Difesa, del PM e della Parte Civile. Anche qui stesso ritornello: le domande tendono ad avere conferma che l'attività svolta dai due counselor fosse riconducibile - nella sostanza - ad attività di diagnosi e di terapia. E dunque abuso di professione.

Spiego al PM e all'Avvocato di Parte Civile per per diagnosi psicologica si intende un atto di conoscenza codificato che poggia su modelli, tecniche, metodologie e teorie di riferimento ben precise. Ma non restano soddisfatti della risposta… provo allora con degli esempi pratici spiegando che anche il gommista fa una diagnosi sulla convergenza delle ruote di un'automobile… o il tecnico dei computer che utilizza degli strumenti che sono chiamati, guarda caso, diagnostici. Cerco cioè di spiegarli che diagnosi tout-court non significa niente. La diagnosi, in quanto tale, è un atto di conoscenza e, come tale, ognuno di noi cerca di farsi un'idea di chi si trova di fronte: lo psicologo come il counselor, l'avvocato come il giudice, il gommista come il tecnico dei computer.

Ho l'impressione che la Parte Civile un po' si irriti per l'esempio del gommista… e comincia ad incalzarmi sui test psicologici. Gli spiego allora che un test, per essere definito tale, deve possedere determinate caratteristiche. Provo a spiegare che è uno strumento standardizzato che serve per misurare una qualche funzione psichica del soggetto, da cui il termine psicometria.

Mi viene chiesto se l'utilizzo di pupazzetti durante gli incontri possa essere equiparato ad un test psicologico. Rispondo ovviamente di no, ma non basta. Su questo tema mi si incalza… anzi mi viene detto che siccome la psichiatria forense usa i pupazzetti quando interagisce con i bambini, a meno che io non voglia sconfessare la stessa psichiatria forense…, beh, quelli per forza devono far parte di un qualche test!

Spiego allora che il pupazzetto è un mezzo, ovvero uno strumento per relazionarsi a chi ci si trova di fronte. Così come fa un qualunque genitore con il proprio figlio, come fa l'insegnante con l'alunno e come di certo farà pure lo psichiatra forense. Non si capisce dunque perché, come strumento di relazione, non lo possa usare un counselor…

Il mio intervento prosegue e le domande sono tutte evidentemente tese a farmi cadere in contraddizione proprio sul tema della diagnosi. Cerco allora di spiegare che si tende a confondere prassi molto diverse tra di sè quali l'analisi della domanda, la somministrazione di un test e la diagnosi psicologica vera e propria.

Arriviamo infine all'ultima udienza. Qui viene sentito il secondo consulente di parte della Difesa: Rolando Ciofi, Psicologo, Segretario Generale del Movimento Psicologi Indipendenti, una delle più importanti associazioni di categoria di psicologi in Italia, attiva su queste tematiche fin dagli inizi degli anni 90.

Naturalmente lui, in ossequio all'essere uno psicolgo, viene puntualmente chiamato Dottore dalla Parte Civile, come se un laureato in sociologia o in lettere moderne o in fisica nucleare fosse meno dottore di un laureato in psicologia… ma tant'è. E poi, come dice mia nonna, oggi è più difficile essere dei veri Signori che dei veri Dottori…

Anche qui la storia si ripete: domande fotocopia delle precedenti. Tutto ruota attorno al concetto di diagnosi.

Qui però il consulente di parte fa prendere una piega diversa al discorso, e si inizia a discutere - sempre sotto forma di domanda-risposta - di come sia alquanto complicato pretendere di codificare sotto l'articolo 1 della Legge di ordinamento della professione di psicologo (e dunque riservare ex lege) tutte le professioni di aiuto. Vengono citate, oltre al counselor, la figura del mediatore familiare, dell'assistente sociale, dell'educatore, del volontario, di chi lavora in comunità, del mediatore culturale, etc.

Si torna nuovamente sui test. Ciofi spiega puntulamente qual è il funzionamento della standardizzazione di un test, standardizzazione senza la quale non si può parlare di test psicologico. Ricordando peraltro di come sia vietata la vendita di tali test ai non psicologi ed infatti le Organizzazioni Speciali (distributore della maggior parte dei test in commercio in Italia) - spiega Ciofi - pretende l'esibizione del tesserino di iscrizione all'Ordine per vendertene uno.

Parte Civile ricorda una risposta che avevo dato io alla scorsa udienza, ovvero che - sul piano del diritto, aggiungo io - per esericitare la professione di counselor non occorre alcuna abilitazione. E chiede conferma a Ciofi il quale, ovviamente, conferma totalmente.

Parte Civile non si capacita di come si possa esercitare una professione così delicata senza dover dimostrare particolari qualifiche. Ciofi spiega puntualmente che lui non consiglierebbe a nessuno di mettersi a fare il counselor dall'oggi al domani ma che, tuttavia, una cosa è il piano del diritto e altra cosa è il piano dell'etica individuale.

Me l'avesse chiesto a me gli avrei risposto di unirsi a noi nel chiedere lumi in questo al Legislatore che ormai da più di dieci anni non riesce a mettere nero su bianco una riforma delle professioni…

Ci sono le arringhe finali. Il PM chiede un mese circa di reclusione. La Parte Civile 30.000 euro di danni. Il Giudice si ritira. Usciamo dall'aula e ce ne andiamo nel giardino antistante a fumarci una sigaretta per scarciare un po' di tensione.

Eccoci arrivati alla fine di questo racconto.

Il Giudice depositerà le motivazioni della sentenza entro 90 giorni. Non appena le motivazioni saranno depositate sarà nostra cura - oltreché pubblicare la sentenza - commentarle e spiegarle.

Per il momento diciamo solo che questa è un'importante vittoria per tutta la categoria perché, per l'ennesima volta, un Tribunale della Repubblica ha ritenuto che l'attività di counseling in alcun modo rappresenti un abuso della professione di psicologo.

Ma questa sentenza è ancor più importante per due ragioni: la prima perché l'esposto è partito dall'Ordine degli psicologi; la seconda perché in questo caso i due imputati esercitavano davvero la professione di counselor.

Dico questo perché in alcune sentenze precedenti che avevano visto la condanna degli imputati (sentenze che l'Ordine degli psicologi ed alcune associazioni di categoria di psicologi hanno cercato di cavalcare) gli imputati non erano affatto counselor: in un caso si trattava di naturopati, in un altro di un quasi-psicologo.

Ma voglio anche abbracciare virtualmente i due soci di AssoCounseling che si sono trovati in questa disavventura: forza ragazzi! E non dimenticatevi di chiedere a Il Tirreno la pubblicazione della notizia!

titolo: Assolti perché il fatto non sussiste
autore/curatore: Tommaso Valleri
argomento: Professione
fonte: AssoCounseling
data di pubblicazione: 20/03/2010
keywords: Tommaso Valleri, articolo 348, codice penale, esercizio abusivo, abuso professione psicologo, counselor, counseling, psicologia, tribunale, Lucca

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