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Counseling Day 2023


 
Attestazione di parte seconda o certificazione di parte terza?Nel mondo delle professioni, in qualche caso per mancato approfondimento, in altri casi per una qualche superficialità nell'uso dei termini, sono emersi nel tempo approcci per cui si è andata perdendo la distinzione fondamentale tra attestazione di competenza e certificazione di parte terza. Si tratta di un tema particolarmente significativo nella costruzione di un sistema di regolamentazione delle associazioni professionali (sistema accreditatorio) che sia la colonna portante del sistema duale.

Approfondirlo è importante soprattutto per individuare i punti di equilibrio tra logiche primarie di tutela del cliente/consumatore e necessità di assicurare dinamicità ai processi evolutivi e competitivi dell'offerta di professionalità sul mercato.

Tutto ciò comporta la necessità di un salto di paradigma rispetto ai meccanismi tradizionali di selezione 'ex ante' del sistema ordinistico (sistema autorizzatorio).

Sono molti anni ormai che il nostro sistema professionale è in crisi a causa di due grandi motivi: il primo motivo è quello della staticità per cui il sistema non riesce a farsi più carico della dinamicità e della velocità evolutiva del processo socio-economico di emersione di nuove professioni o di cambiamento di quelle più consolidate; il secondo è la necessità di attivare un sistema migliore dell'attuale per svolgere un compito che è strategico non solo per la nostra competitività ma anche per la vita quotidiana di tutti noi come cittadini/utenti: la necessità, cioè, di andare a compensare l'asimmetria informativa che esiste tra professionista e cliente.

Nel momento in cui ciascuno di noi si trova di fronte ad un professionista (non importa quale: avvocato, fisioterapista, pubblicitario o tributarista, eccetera), è quasi sempre nella impossibilità di:

a) valutare le competenze/capacità del professionista stesso;
b) valutare lo sforzo che tale soggetto dovrà sostenere nell'erogare la prestazione;
c) valutare se, attraverso quelle competenze e quello sforzo, raggiungeremo il risultato;
d) valutare il rapporto fra competenze/capacità, sforzo, risultato ed il prezzo che pagheremo.

Ognuno è in grado di farlo solo se, essendo 'esperto' di quella professione, è già in possesso della cd. 'informazione rilevante'. In tutti gli altri casi il rapporto è profondamente asimmetrico e, come detto, l'impossibilità è palese. L'unico modo di compensare questa asimmetria è quello di dare vita ad un sistema professionale fatto di soggetti che abbiano interesse a diffondere quanto più possibile le informazioni: un sistema di soggetti in concorrenza fra di loro che, proprio per tale motivo, hanno interesse a diffondere l'informazione rilevante per dimostrare di essere più attrattivi dei concorrenti di segmento. Attraverso tale processo di diffusione, il cliente diventa progressivamente più consapevole e meno asimmetrico rispetto al singolo professionista.

Uno dei punti critici da affrontare nel processo di riforma è dunque quello di costruire un meccanismo finalizzato a trasmettere in modo corretto le informazioni utili per il cliente nel momento in cui sceglie un professionista qualitativamente valido di cui servirsi. Anche perché la già ricordata natura particolarmente complessa in termini di conoscenza delle prestazioni professionali e la relativa asimmetria informativa rende altresì ambigua ogni controversia e particolarmente difficile (e costosa) l'identificazione della violazione di un diritto del cliente/consumatore.

Ma la domanda successiva potrebbe essere: questo obiettivo può essere raggiunto con l'attuale sistema professionale autorizzatorio/ordinistico? Esiste cioè un interesse, pubblico o privato, dei soggetti esponenziali (ordini e collegi) attualmente regolamentati a diffondere le informazioni rispetto ad eventuali differenze di qualità fra gli iscritti? La risposta è che non esiste alcun interesse a tale diffusione per un motivo molto semplice: perché è proprio il sistema autorizzatorio che, per definizione intrinseca, autorizza indistintamente all'esercizio una serie teoricamente omogenea di professionisti. Questo assunto teorico di base non ha fondamento: tale omogeneità non esiste in nessuna professione. Ad ulteriore supporto di questa analisi, vale la pena di ricordare che, esistendo un solo soggetto che governa tutto il segmento (ordine o collegio che sia) la logica economica è quella del monopolio per cui il monopolista ha un interesse scarso (o, addirittura, nullo) alla piena diffusione di quelle informazioni che potrebbero intaccare la posizione di monopolio stesso. Basta, poi, osservare come agiscono gli ordini.

È questa la vera ragione d'essere, la modernità e l'orizzonte positivo del sistema associativo: più associazioni in concorrenza fra di loro che, pur competendo individualmente, raggiungono un risultato di benessere Attestazione di parte seconda o certificazione di parte terza? Il valore dell'attestato di competenza collettivo superiore, quello di una maggiore diffusione complessiva delle informazioni che tende a compensare il rapporto asimmetrico con il cliente rendendolo mediamente più consapevole nelle scelte.

Lo scopo del sistema associativo è allora quello di porre in essere processi di auto-regolazione e individuazione di standard di qualità 'adeguati'. È questo il motivo principale per cui l'Europa riconosce come meritevole questo processo di auto-regolazione delle associazioni: ciò le consente infatti di delegare con serenità funzioni di grande importanza e con costi elevatissimi: quelle di identificare eventuali abusi e, qualora ne accerti la sussistenza, di irrogare sanzioni al singolo professionista. Tutte funzioni che, in proprio, lo Stato stesso non ha la capacità di rendere effettivamente operative (come dimostra la lunga storia degli ordini professionali, anche dal punto di vista deontologico) perché le asimmetrie informative ed i processi collusivi, in assenza di regole concorrenziali, valgono per tutti, Istituzioni comprese.

È per questo che l'associazione stessa dovrebbe ricevere un'investitura istituzionale come il riconoscimento giuridico: tale riconoscimento la doterebbe di un'autorità/marchio visibile al mercato in grado di qualificarla come soggetto che svolge la funzione di ridurre al minimo le asimmetrie informative, disciplinare i comportamenti professionali e sanzionare gli abusi attraverso lo svolgimento di una funzione (ancora una volta delegata dallo Stato) di tutela concorrenziale dei clienti/consumatori.

Fin qui il meccanismo ideale del sistema.
Ma tale meccanismo, per funzionare correttamente ed assicurare il raggiungimento degli obiettivi sopra enunciati, deve rispondere ad un requisito essenziale: quello per cui coloro che vengono chiamati ad analizzare ed attestare la competenza del professionista nei confronti dei terzi devono possedere il controllo della cosiddetta 'informazione rilevante' di quella professione: devono cioè non essere in posizione di asimmetria informativa nei confronti dei professionisti di cui stanno, periodicamente e complessivamente, analizzando competenze, comportamenti e attività. In altri termini, ciò significa che tali soggetti non possono controllare e/o attestare standard sulla base di informazioni che non posseggono direttamente in quanto esperti 'professionalmente' di quella specifica attività.

Un meccanismo di riconoscimento associativo che voglia essere efficace deve essere fondato proprio sul principio del possesso di tale informazione e tale informazione è qualificata come 'rilevante' proprio perché è l'unica in grado di condurre ad una corretta valutazione del rapporto tra capacità, qualità e costo/prezzo della prestazione, facendo così emergere mancanze o eventuali abusi da parte del singolo professionista.

Ma, si potrebbe dire, se le associazioni sono fatte di professionisti stessi, nel momento in cui vanno a rilasciare gli attestati di competenza hanno la possibilità reale e concreta di colludere tra di loro. In tal modo, il sistema potrebbe diventare del tutto autoreferenziale per cui potrebbe essere importante affidare questo compito ad un soggetto, ad esempio un'Authority indipendente, che, essendo soggetto terzo, ha una possibilità assolutamente più bassa di colludere con i professionisti.

Fatto così, questo ragionamento sembra avere la sua ragion d'essere ma proviamo ad analizzarlo sulla base delle riflessioni fatte in precedenza. La domanda è sempre la stessa: può un'Authority indipendente valutare la prestazione professionale di un tributarista, di un pubblicitario, di un avvocato, eccetera? In realtà, anche la risposta è sempre la stessa. Non esistendo persone onniscienti, sarà impossibile valutare una prestazione professionale se non si possiede l'ormai consueta 'informazione rilevante' ed il rapporto è chiaramente asimmetrico anche, come già affermato, verso la Pubblica Amministrazione. Tanto è vero che lo stesso sistema ordinistico ha un esame di accesso che, pur chiamandosi Esame di Stato, in realtà ha commissioni composte anche e soprattutto dai professionisti dell'ordine. Ovvero gli unici soggetti in grado di valutare la qualità della prestazione degli esaminandi.

Analogo ragionamento deve essere fatto per la certificazione di parte terza. Il certificatore di parte terza è un professionista che, sulla base di requisiti prestabiliti (il manuale delle procedure), attesta la rispondenza positiva del processo/procedura ai requisiti stessi (logica di conformità). Il suo punto di forza sta nell'essere un soggetto terzo il quale non 'dovrebbe' avere alcun interesse a colludere con il soggetto professionista da promuovere o bocciare. Il suo punto di debolezza sta invece nel fatto che, essendo un terzo, non è in grado di verificare (né 'ex ante' né 'ex post') la qualità e lo sforzo effettuato dal professionista per la mancanza dell'informazione rilevante e, analogamente a quanto avviene per il cliente/consumatore, il certificatore non può valutare ed attestare nel merito la prestazione professionale se non con l'ausilio determinante di uno o più esperti della professione. Se volessimo usare una metafora, la certificazione è come uno specchio che riflette (ma non 'genera') l'immagine, valutandone la rispondenza con quella descritta nel manuale delle procedure.

Le conseguenze sono chiare. In un meccanismo corretto di regolamentazione concorrenziale del sistema associativo devono essere presenti e resi operativi soggetti con funzioni profondamente diverse, anche se sinergiche:
  • singoli professionisti, ovvero soggetti di 'parte prima' che possono affermare (autoreferenzialmente) sul mercato la propria professionalità: ad esempio, con la diffusione presso i clienti/consumatori dell'auto-affermazione 'io sono bravo in questa professione';
  • associazioni professionali le quali, essendo soggetti di 'parte seconda', ovvero composte da professionisti di uno stesso segmento in possesso dell'informazione rilevante, possono autoregolarsi attraverso meccanismi corretti e non collusivi di attestazione delle competenze professionali: è l'esempio dell'associazione che rilascia al professionista iscritto un attestato di competenza che garantisce i terzi sui requisiti professionali (la 'bravura') dell'iscritto;
  • soggetti di certificazione che, essendo enti indipendenti di 'parte terza', possono certificare la qualità dei singoli processi/prodotti (a titolo di esempio: l'organizzazione associativa, le procedure di attestazione delle competenze, i meccanismi organizzativi di sanzione di eventuali abusi, la conformità a criteri di qualità dei luoghi di esercizio e degli strumenti della professione, ecc.) ma, non essendo in possesso dell'informazione rilevante, non possono entrare nel merito delle singole prestazioni professionali e, dunque, non possono attestare la competenza del professionista.
In ogni caso, la grande criticità nel salto di qualità che dovrebbe fare un sistema di regolamentazione professionale riformato non è quella relativa all'attestazione di competenza preventiva.

Il vero processo strategico (da rendere centrale attraverso il riconoscimento giuridico del sistema associativo) è, ancora una volta, quello per cui l'associazione deve compiere non solo una valutazione di merito delle competenze/capacità del professionista iscritto, ma anche un efficace e corretto processo di trasparente diffusione sul mercato di quegli elementi (standard medi delle prestazioni, costi/prezzi, aspetti deontologici, meccanismi di garanzia in caso di abusi) che, andando a compensare il più possibile il rapporto asimmetrico esistente, diano modo alla clientela di effettuare scelte consapevoli.

È anche per tale fondamentale motivo che la certificazione di parte terza, nel modello concettuale del sistema duale e associativo, può accompagnare ma non sostituire l'attestazione di competenza (di parte seconda). Il valore dell'attestato di competenza consiste non solo nella positiva valutazione che l'associazione offre degli skill formativi, delle esperienze e delle capacità di sapere e saper fare dei propri iscritti, ma soprattutto nel meccanismo di 'pubblicità' legato alla diffusione presso i clienti/consumatori di standard professionali confrontabili di qualità e di costo/prezzo nonché di forme di tutela in caso di mancata o 'cattiva' prestazione.

Il soggetto di parte terza non ha un analogo interesse, in particolar modo per quanto riguarda i meccanismi di garanzia: tali meccanismi, com'è naturale, devono essere considerati 'a carico' di chi ha rilasciato l'attestazione che viene ritenuto responsabile nei confronti del terzo nel caso di eventuali abusi e deve procedere con provvedimenti tempestivi di sanzione e ripristino (diretto oppure indiretto attraverso, ad esempio, l'imposizione obbligatoria all'iscritto dell'assicurazione professionale) della soddisfazione del cliente.

D'altra parte, è bene ricordare che, a tutt'oggi, nel sistema di regolamentazione professionale in nessun Paese comunitario (e non) la certificazione di parte terza sostituisce l'attestazione di competenza di parte seconda.

E questo sia che si analizzino Paesi (pochi) con prevalenza del sistema autorizzatorio/ordinistico, sia che si considerino i Paesi con prevalenza del sistema accreditatorio/associativo. Nel mentre l'attestato di competenza è la forma di regolazione prevista ufficialmente da tutte le direttive comunitarie sulla materia.

La struttura stessa dell'attività professionale rende più o meno significativa la necessità di aggiungere all'attestazione la certificazione. Professioni ad alto livello di complessità procedurale e organizzativa possono trovare un più importante valore aggiunto nell'accompagnare il meccanismo di attestazione di competenza di derivazione associativa (che rimane, comunque, fondamentale per i motivi appena descritti) con una certificazione di parte terza mirata ad oggettivare le procedure organizzative.

Nel contempo, è chiaro che la certificazione di parte terza non può che svolgere un ruolo molto più limitato nelle attività dove vengono svolte prestazioni professionali a carattere altamente personale: tali prestazioni sono infatti caratterizzate da asimmetrie informative profonde per cui 'nessun soggetto terzo' è mai in grado di valutare il risultato finale se non dopo aver acquisito formazione ed esperienze specificamente legate all'attività in questione in termini di 'grandissima 'expertise': diventando a quel punto egli stesso un professionista. E, qualche volta, la valutazione sopra ricordata non è possibile in forma assoluta nemmeno dopo tale acquisizione, come dimostrano le discussioni esistenti in alcune professioni ad alto livello di sofisticazione (ad esempio quelle mediche ma non solo).

In tutti i casi, la modalità fondamentale rimane allora quella dell'attestazione di competenza delle associazioni professionali, ovvero un processo che se strutturato sulla base di processi di controllo di tipo concorrenziale sul segmento oggetto della valutazione (più associazioni che si fanno concorrenza nello stesso ambito professionale) tende:
  • ad abbattere o a rendere neutre attraverso la concorrenza la logica di auto-referenzialità del processo di attestazione delle competenze effettuata da professionisti dello stesso segmento (cd. esternalità negative);
  • e, sempre attraverso la spinta generata dalla concorrenza, a valorizzare al massimo la diffusione di informazioni sulla qualità e sui costi delle prestazioni, generando in tal modo una maggiore consapevolezza nelle scelte da parte del mercato ed una probabile diminuzione dei prezzi (cd. esternalità positive).
Va infine sottolineato che, in questo contesto, la continuità della garanzia, e cioè il mantenimento nel tempo del livello qualitativo della professionalità, deve essere assicurata dalla durata limitata sia dell'attestazione di competenza che della certificazione, le quali non devono essere rilasciate a vita (come succede invece per l'abilitazione e l'iscrizione agli ordini professionali), ma devono perdere di validità dopo un periodo determinato. Non solo ma, per riottenerle, si dovrebbe dimostrare oggettivamente di aver continuato a svolgere l'attività professionale per cui si sono ottenute le stesse fornendo, altresì, la prova che i clienti siano soddisfatti.

Questa logica di verifica in itinere della qualità professionale è la chiave di volta per rispondere ai bisogni di garanzia che il mercato richiede in termini di attestazione di competenza da parte delle associazioni professionali (riconosciute o meno) ed al fine, del tutto coerente, di caratterizzare in modo corretto la certificazione di parte terza rispetto a quella rilasciata dalle associazioni.

In ogni caso, vale la pena di sottolineare che il processo di accreditamento rimane sempre e comunque volontario. Anche qualora ci dovesse essere una legge di riconoscimento del sistema associativo, non ci sarà alcun obbligo per le associazioni di essere riconosciute, ma solo la possibilità di chiedere volontariamente il riconoscimento. Nei sistemi accreditatori, infatti, sono potenzialmente presenti sul mercato quattro diversi soggetti professionali:

1. il soggetto non iscritto ad alcuna associazione e con preparazione non qualificata;
2. il professionista preparato ma non iscritto ad alcuna associazione;
3. il professionista preparato che si è fatto attestare le competenze da una associazione e che opera con tale 'bollino blu';
4. il professionista preparato che si è fatto attestare dall'associazione e che vuole anche la certificazione di parte come persona oppure come certificazione del processo associativo.

E questo perché diversi livelli di offerta sono necessari per soddisfare i diversi livelli di domanda del mercato: come esiste l'hard discount, ci sarà anche la boutique. I livelli sono diversi, così come gli standard e, soprattutto, così come i prezzi. L'efficienza e l'efficacia di questo sistema sono generati da concorrenza e diversificazione: ogni associazione stabilisce il suo livello di offerta distintiva di professionalità e consente al mercato di metterla a confronto con quella delle altre.

Tratto da: CoLAP (a cura di), Il valore dell'attestato di competenza. Secondo seminario CoLAP, 2009.

titolo: Attestazione di parte seconda o certificazione di parte terza?
autore/curatore: Angelo Deiana
argomento: Riforma delle professioni
fonte: CoLAP
data di pubblicazione: 22/05/2009
keywords: Angelo Deiana, riforma delle professioni, colap, attestazione di parte seconda, certificazione di parte terza

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